Fisco pensioni e sanità pubblica
CITTÀ E CITTADINI

Fisco, pensioni e sanità pubblica

EMILIO DIDONÈ Segretario generale FNP CISL

Il compito del sindacato è cercare di dare risposte ai pensionati, alle famiglie e ai lavoratori. E la nostra prima grande priorità deve essere il contrasto a quel mostro che si chiama inflazione. Una tassa iniqua e crudele che continua a galoppare, che erode il potere di acquisto delle nostre pensioni, che divora i risparmi della famiglia, che colpisce soprattutto le fasce più povere e fragili della popolazione. 
Non solo per una questione economica, ma perché la storia insegna, purtroppo, che un periodo lungo di elevata inflazione può creare i presupposti anche per una distorsione della democrazia e per la tenuta del sistema sociale di un Paese, come è successo in Argentina e Grecia. La democrazia si difende anche nella quotidianità di tutti i giorni quando andiamo a fare la spesa.

Abbiamo avanzato richieste e proposte ben precise, serie, responsabili riguardo il fisco, le pensioni e la non autosufficienza, la sanità. Temi per i quali chiediamo da tempo interventi concreti da parte dei governi precedenti e di questo esecutivo.
Sulle pensioni chiediamo trattamenti adeguati che non perdano valore con il passare degli anni. Più reddito alle pensionate e ai pensionati, che vuol dire maggiore benessere delle famiglie, maggiori consumi, maggiore sviluppo e crescita. Vogliamo una riforma strutturale del sistema pensionistico che riporti equità, garanzie per i giovani e per le donne, flessibilità nell’accesso e riconoscimento del lavoro di cura. Le pensioni non sono un costo ma un elemento fondamentale di equilibrio per la sostenibilità sociale ed economica del Paese.

La riforma fiscale

Altra partita sulla quale chiediamo interventi urgenti è quella del fisco: vogliamo una riforma radicale nel rispetto della Costituzione che comporti una tassazione più equa ai pensionati e ai lavoratori dipendenti. Oggi chi paga tutte le tasse in questo Paese sono solo pensionati e lavoratori. L’IRPEF grava per oltre il 90% su di loro. E questo Paese non può fare finta di non vedere, non sentire, non parlare di una evasione fiscale di più di 100 miliardi ogni anno, ripeto ogni anno e non può ignorare 1.053 miliardi di tasse e multe non pagate che non si riescono a riscuotere, come ha denunciato recentemente l’agenzia delle entrate in Parlamento. Un terzo del nostro debito pubblico!
Una pressione fiscale assurda per lavoratori e pensionati. Una macchina pubblica farraginosa burocratica e inefficiente da innovare, da snellire, da semplificare e da rinnovare.

Il sistema sanitario pubblico

Inoltre, bisogna intervenire sulla sanità, rispetto alla quale risulta di fondamentale importanza incrementare i finanziamenti per permettere di assumere più personale, implementare l’assistenza medica e sociosanitaria e abbattere le liste d’attesa. Dopo la drammatica emergenza pandemica ci aspettavamo forti investimenti per la sanità pubblica, invece il Governo nel DEF 2023 prevede una riduzione della spesa sanitaria. Gli effetti sono già drammatici per chi non può pagare e sono sotto gli occhi di tutti.
Per rinforzare il SSN non servono solo più risorse ma anche più programmazione e più organizzazione. Tra liste di attese, rinunce alle cure e disuguaglianze il SSN è in codice rosso da tempo. E se il trend continuasse cosi, si va a sbattere. Senza possibilità di ritorno!
Il SSN universale, pubblico e accessibile a tutti è un bene prezioso che non possiamo perdere. Quando un Paese perde questa ricchezza, che è la sanità pubblica, incomincia a fare distinzioni tra la popolazione con malati di serie A e di serie B, tra coloro che hanno accesso e che possono avere una sanità a pagamento e coloro che sono senza servizio sanitario perché non possono pagare. 

La cura del malato un bene comune

Purtroppo anche in campo sanitario è frequente la tentazione della politica di far prevalere vantaggi economici di qualche gruppo a discapito della maggior parte della popolazione e del bene comune.
La sanità pubblica non si svende ma si difende. E noi siamo chiamati a difenderla!
Ci troviamo in un momento certamente significativo per la vita del nostro Servizio sanitario nazionale sul quale si è riacceso il dibattito sulla sua sostenibilità. È necessario avere il coraggio di attuare una riforma sanitaria che vada oltre singoli interventi tampone, su basi culturali totalmente nuove mettendoci nei panni di chi ne usufruisce, malati e cittadini.
Infatti, quando entriamo in un ospedale, non ci chiediamo se la Regione che governa la sanità è di destra o di sinistra o se la città è amministrata dallo stesso colore politico della Regione e neppure se l’ospedale sia pubblico o privato (accreditato). Al paziente non interessa a quale sigla sindacale appartiene il medico che sta facendo l’anamnesi e la diagnosi; non interessa a quale associazione professionale è iscritto l’infermiere, o il tipo di contratto che ha (SSN, ARIS, AIOP). Tutte queste cose sono rilevanti per il “sistema”, non per i malati, per chi ha bisogno.

Il cambiamento necessario

I malati si chiedono altre cose. Vogliono sapere se i medici e gli infermieri hanno le competenze necessarie, se sono aggiornati, se in quella struttura ci sono le migliori tecnologie disponibili, se è chiaro chi è responsabile di cosa e chi dirige. Si domandano se i medici tra loro parlano di ciò che accade al malato (se lavorano insieme) e se davvero sono interessati alle persone che hanno di fronte. In conclusione, il paziente si chiede se si trova nel posto giusto per il problema di salute che in quel momento sta affrontando e se lo stanno seguendo bene, se lo stanno curando bene.
Per fare questo dobbiamo assolutamente cambiare verso al SSN. Dobbiamo costruire le organizzazioni assegnando le responsabilità sui processi e non sulle strutture; promuovendo i talenti che meritano e lavorano in team, non gli specialisti baroni solitari da 300 euro a visita privata; distribuendo le risorse in relazione all’intensità delle cure, ai volumi e ai risultati, agli esiti e non più pagando le singole prestazioni.
Per fare questo dobbiamo rivedere il DM 70/2015 sugli standard relativi all’assistenza ospedaliera, lavorando su nuovi standard che leghino le piattaforme dedicate alle cure primarie del DM 77/2022 (territorio, domicilio, telemedicina), con quelle che assistono i pazienti sugli altri livelli di intensità (acuzie, area critica, riabilitazione, assistenza a lungo termine e cure palliative) e con la prevenzione.
Oggi appare evidente che nei prossimi anni non potremo contare su risorse significativamente superiori rispetto a quelle che oggi si investono per la salute pubblica ma sono fermamente convinto che ci sia spazio per utilizzarle ancora meglio e che ci sono ancora spazi preziosi per invertire la rotta e per garantire la sostenibilità del SSN pubblico.

La privatizzazione delle cure mediche

Non è un caso che il 50% dei milanesi è propenso a sottoscrivere una polizza privata. Non è un caso che ogni giorno vediamo la pubblicità di assicurazioni salute alla TV. Dieci anni fa queste pubblicità in Tv non si vedevano!
Dobbiamo essere capaci di convincere regioni e governo a mettere un limite alla cattiva politica sanitaria degli ultimi 20 anni.
Dobbiamo esser capaci di impedire e bloccare questa privatizzazione strisciante della sanità che gode del placet silenzioso e complice della politica, delle Regioni e del Governo.
Ci sono oramai troppi indizi che possiamo fare finta di non vedere.
Il primo indizio è il personale. Servizio sanitario pubblico al palo con fuga verso la sanità privata o all’estero, con un errata programmazione che non ha una giustificazione logica, con un blocco di assunzioni che va avanti da anni. E scopriamo nel 2023 che mancano circa 20mila medici e circa 70mila infermieri. Non è un caso. Non può essere un caso. A chi vogliono farlo credere? 
Secondo indizio. Dopo la pandemia tutto avrebbe dovuto cambiare, più sanità territoriale e medici di famiglia, più incentivi economici agli eroi in prima linea. Tutto sta andando come prima anzi peggio di prima.
Terzo indizio. Concorrenza sleale tra sanità pubblica e privata con le Regioni che da un lato favoriscono, senza pudore, la maggiore apertura delle strutture private per smaltire le liste di attesa – abituando il cittadino ad evitare le strutture pubbliche – e dall’altro tagliano le gambe alla sanità pubblica senza rinforzarla con medici, infermieri e altri operatori, senza ammodernare gli ospedali, senza incentivi al personale.
Il nuovo pronto soccorso privato aperto a Brescia, chiuso il sabato e la domenica, è la punta di un iceberg.

Le nostre proposte

La pandemia ci ha insegnato che nessuno ha la verità in tasca, che nessuno è autosufficiente, che nessuno si può salvare da solo. E noi pensionate e pensionati non possiamo rassegnarci alla depressione dell’impotenza se crediamo che le cose possono e devono cambiare. Non possiamo accettare, senza indignarci e reagire, a fatti che appaiono inevitabili se crediamo nella giustizia, nella solidarietà, nella democrazia. 
La vita e la nostra esperienza ci hanno insegnato che il mondo sta in piedi e va avanti perché le donne e gli uomini buoni e onesti sono sempre più numerosi e più forti di quelli malvagi, di quelli corrotti e disonesti. 
Le nostre proposte sono note e sono in campo da tempo. Le abbiamo presentate al Governo, alle Regioni e alle Istituzioni. E siamo disponibili, da subito, ad aprire tavoli a tutti i livelli: nazionale, regionale e territoriale. Un confronto serio, leale e costruttivo con tutti. 
I 16 milioni di pensionate e pensionati di questo Paese non sono invisibili vogliono solo essere ascoltati, vogliono solo essere considerati, vogliono solo che qualcuno si interessi dei loro problemi, della loro pensione, della loro sanità. 
Sono abituato a vedere il bicchiere mezzo pieno, ossia riuscire quasi sempre a prendere i lati positivi della situazione che ho davanti. E oggi anche se con differenze e sensibilità diverse siamo qui a lavorare, a discutere, a confrontarci insieme. Cerchiamo di programmare un futuro migliore e di benessere per i nostri pensionati, pensionate e per le nostre comunità. 

La mediazione necessaria

La proposta di uno scenario conflittuale in una società frammentata che tende sempre più a dividere le persone, dove le diverse visioni del mondo si sfidano continuamente, dove l’avversario diventa nemico e l’unico risultato possibile resta la sconfitta dell’altro, a mio modo di vedere, merita una profonda riflessione.
Non è possibile ridurre il “tutto” sempre a un contesto negativo a priori, senza ricercare una mediazione, dove i diversi schieramenti si confrontano in modo costruttivo per il bene comune, dove lo spazio di dialogo, la capacità di ascolto dell’altro possono diventare una risorsa aggiuntiva per cercare di trovare un progetto condiviso. Idee e visioni del mondo, seppur differenti, possono finalmente trovare un punto di incontro per lavorare insieme per il bene comune. E noi pensionate e pensionati nella vita ne abbiamo viste e superate tante. Con la nostra esperienza e con la nostra saggezza siamo chiamati a fare la nostra parte con responsabilità e buon senso, cercando in questi scenari le cose che ci uniscono non quelle che ci dividono.
Nel rispetto reciproco dei nostri differenti ruoli e responsabilità, delle nostre opinioni e sensibilità dobbiamo cercare di cominciare a fare ciò che è necessario e poi ciò che sarà possibile. 

Fisco, pensioni e sanità pubblica, gli obiettivi da conseguire

Gli obiettivi su fisco, pensioni, non autosufficienza, sanità li abbiamo costruiti insieme e sono comuni. Quindi mettiamoci in gioco, in prima persona, per cercare di contribuire a rendere migliore questo Paese per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. 
Le mobilitazioni del sindacato sono servite ad aprire i tavoli di confronto e se le aperture e le disponibilità del Governo si dimostreranno “concrete” valorizzeremo quei tavoli, per “ascoltare e contrattare”, per aprire un confronto pragmatico con Governo, Regioni, Comuni e altre Istituzioni. Dobbiamo riuscire a mettere al centro del dibattito politico le riforme strutturali che questo Paese aspetta da anni, per le persone che rappresentiamo e per il futuro del Paese.
Ora, è nostro compito verificare che in questi incontri si conseguano gli obiettivi posti alla base della nostra mobilitazione, quello di un confronto stabile e strutturale sui temi più urgenti e prioritari che interessano anche ai nostri pensionati e pensionate. 

Il ruolo del sindacato

Da vecchio contrattualista, sono convinto che il sindacato ha il diritto dovere di contrattare e deve sempre negoziare sulle proprie proposte per tentare di raggiungere il miglior risultato possibile per le persone che noi rappresentiamo. E alla fine, come è ovvio, valuteremo senza sconti i frutti del confronto e sapremo regolarci di conseguenza, come un sindacato responsabile deve fare.
Contrattare è il nostro primo compito e lo dobbiamo fare con tenacia e con intelligenza, sfruttando tutti gli spazi e le opportunità possibili che il confronto ci offre. Facciamoci forti del successo delle nostre recenti manifestazioni ma stiamo anche molto attenti a non renderlo vano e inutile.
La storia ci insegna che senza il coinvolgimento delle parti sociali, senza l’apporto responsabile del sindacato, questo Paese non va da nessuna parte, che hanno bisogno anche di noi e noi ci siamo, senza compromessi al ribasso, forti della nostra rappresentanza e della capacità di affondare le mani nei problemi reali e vivi dei pensionati e delle famiglie. Vogliamo essere ascoltati. Siamo il secondo Paese più vecchio al mondo e sarebbe ora che i diritti e i bisogni delle pensionate e dei pensionati entrino stabilmente nell’agenda politica di Governo, Regioni e Parlamento.


Assemblea Nazionale pensionati e pensionate CGIL CISL UIL
13 giugno 2023 • Auditorium del Massimo • Roma