Lotta della PA al caporalato urbano
LEGALITÀ

Lotta della PA al caporalato urbano

TEA MAISTRO • DOTTORANDA PRESSO L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

La pubblica amministrazione, in particolare attraverso le sue strutture giudiziarie e l’azione degli enti nazionali come i Ministeri, nonché degli enti territoriali come Regioni e Comuni, ha da sempre svolto un ruolo nella lotta al caporalato. Tuttavia, l’attenzione si è concentrata principalmente sul settore agricolo. L’intermediazione illecita è stata più frequentemente associata all’economia rurale del Sud Italia. È stata collegata alla presenza della criminalità organizzata e ai flussi migratori.

Tuttavia, limitare questo reato a tali fenomeni e a questa specifica area geografica non consente di comprendere appieno le diverse manifestazioni che esso può assumere in altri contesti. Infatti, è dimostrato che il fenomeno è presente anche nelle aree urbane, incluse le città del Nord Italia. A titolo esemplificativo, attualmente il 60% dei processi relativi al caporalato si svolge nel Centro-Nord Italia. Secondo il rapporto “Agromafie e caporalato” della CGIL, solo 191 delle 405 aree individuate in cui lo sfruttamento è sistematico si trovano nel Sud Italia. 

La rilevanza di Milano per quanto riguarda il caporalato urbano 

Per quanto riguarda il caporalato nell’ambiente urbano, la città di Milano sembra rappresentare un caso significativo. Questo fenomeno è in parte dovuto all’elevata richiesta di manodopera generica. Caratterizza la realtà metropolitana, soprattutto nei settori dell’edilizia e della logistica. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha recentemente posto particolare attenzione alla vasta diffusione del caporalato urbano nel territorio milanese. Inoltre, il primo e unico provvedimento giudiziario a livello nazionale in cui è stata utilizzata l’espressione “caporalato digitale” è stato emesso dal Tribunale di Milano nel 2021. 

Il possibile ruolo della PA nell’azione di contrasto 

Poiché il caporalato è stato quasi sempre associato al settore agricolo, le aree urbane e le grandi città come Milano hanno rivestito un ruolo secondario nello studio di questa fattispecie delittuosa. Di conseguenza, l’attore pubblico, che ha storicamente concentrato gli sforzi di contrasto sul caporalato in ambito agricolo, si trova ora ad affrontare una forma di reato parzialmente nuova. Questa nuova forma conserva alcuni tratti tradizionali. Il reclutamento fisico dei lavoratori avvine in aree specifiche della città. Il loro impiego è giornaliero presso cantieri o altri siti lavorativi. Si evolve poi anche in nuove direzioni, come nel caso dello scambio di identità tramite la cessione di account online.

In generale, la pubblica amministrazione ha tradizionalmente adottato due approcci distinti per combattere il caporalato: uno repressivo e uno preventivo. Le azioni repressive comprendono attività giudiziarie, indagini, ispezioni, processi e controlli svolti principalmente dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura. Le azioni preventive, invece, si riferiscono a quelle iniziative che l’attore pubblico intraprende per evitare che si verifichino comportamenti riconducibili all’intermediazione illecita come la sottoscrizione di accordi che sostengano gli attori coinvolti nella lotta al caporalato nel delineare linee guida comuni per l’azione. 

Maggiore flessibilità degli strumenti preventivi  

Le misure preventive sembrano caratterizzarsi per una maggiore flessibilità rispetto alle azioni repressive. Queste risultano più limitate sia nelle modalità di applicazione, circoscritte ad attività come ispezioni e indagini, sia nella selezione degli attori autorizzati a intervenire, generalmente definiti dalla legge. Le azioni preventive, al contrario, richiedono un maggiore sforzo creativo nella progettazione di strumenti che rispondano alle specifiche necessità del territorio. Aprono nuovi spazi di partecipazione per attori il cui ambito operativo tradizionalmente non si focalizza sul contrasto al caporalato.

Un esempio di questo è rappresentato dai sindacati. Nell’ambito della loro attività di regolazione del mercato del lavoro, hanno affrontato proattivamente la problematica del caporalato. Hanno collaborato con le autorità responsabili, come la Prefettura, attraverso la partecipazione a tavoli di lavoro periodici.

La rilevanza strategica delle misure preventive

L’approccio preventivo si distingue anche per l’ampia discrezionalità nella scelta delle strategie da adottare, nella definizione degli obiettivi e nella selezione degli attori da coinvolgere, oltre che nella suddivisione dei compiti tra questi ultimi. La rilevanza strategica delle misure preventive è particolarmente evidente nelle esperienze di molti professionisti impegnati nel contrasto al caporalato, come funzionari e operatori sindacali. Questi sottolineano il valore aggiunto delle azioni preventive. Consentono la creazione di ampie reti di collaborazione che coinvolgono anche soggetti privati. Supportano l’operato delle istituzioni pubbliche preposte alla lotta contro il fenomeno.

Le reti di attori, che rappresentano un elemento distintivo dell’approccio preventivo rispetto a quello repressivo, facilitano lo scambio di informazioni e competenze tra i partecipanti. Questi coordinano le loro attività attraverso la partecipazione a tavoli di lavoro e riunioni periodiche. In questo contesto, la Prefettura svolge un ruolo cruciale. Coordina e rinnova i tavoli che derivano dalla sottoscrizione di protocolli d’intesa.

Inoltre, la Prefettura verifica, tramite la Banca Dati Nazionale Antimafia, che le imprese che desiderano collaborare con la pubblica amministrazione rispettino i requisiti di trasparenza e legalità previsti dalla legge. Questi controlli rientrino nella normativa antimafia. Hanno però effetti anche sul contrasto all’intermediazione illecita. In alcuni casi i caporali operano sotto l’influenza di organizzazioni criminali mafiose. Le verifiche prefettizie si estendono anche ai cosiddetti lavoratori alias. Dietro i quali spesso si nasconde la cessione illegale di identità.

Canali di comunicazione diretti della Prefettura di Milano

Un esempio dei benefici derivanti dalle reti di contrasto è rappresentato dai canali di comunicazione diretti che la Prefettura di Milano ha recentemente istituito con i sindacati confederali. Questi canali permettono di attivare rapidamente vie di comunicazione brevi quando i sindacati vengono a conoscenza di gravi violazioni che necessitano l’intervento delle autorità competenti. Rafforzando così la collaborazione tra i vari attori coinvolti. Anche l’ATS contribuisce alle azioni preventive attraverso lo sviluppo dei Piani Mirati di Prevenzione e dei Piani Predefiniti. Possono indirettamente sostenere la lotta al caporalato raccogliendo dati o prevenendo un’ulteriore diffusione del fenomeno.

Tra le strategie preventive, merita una menzione l’iniziativa proposta nel 2020 dal Comune di Milano per la creazione di una “casa dei riders”. È uno spazio in cui i ciclo-fattorini avrebbero potuto trovare riparo e accedere a servizi che migliorassero, almeno in parte, le loro condizioni lavorative, allontanandoli dal contesto di illegalità in cui spesso si trovano. Questa misura si distingue dalle altre citate in quanto si configura come un servizio diretto. È erogato sul territorio a favore delle potenziali vittime del caporalato. Inoltre, nel contesto del cantiere per la costruzione della quarta linea metropolitana della città, è stato deciso di destinare i proventi delle sanzioni imposte alle imprese non conformi alla tutela dei lavoratori vittime del caporalato. 

Strumenti repressivi adottati dalla PA 

Le attività repressive sono condotte in sinergia tra vari attori e sembrano essere più diffuse rispetto a quelle preventive. Le Forze dell’Ordine e la Magistratura svolgono il ruolo principale in questo ambito. Collaborano per effettuare controlli e indagini e, in caso di violazioni della legge, per sanzionare i responsabili dei reati. Anche l’Arma dei Carabinieri partecipa alla lotta contro il caporalato. Ha un ruolo specifico nel segnalare agli organi di controllo i luoghi di lavoro caratterizzati da particolari criticità.

Di particolare importanza è la decisione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) di istituire, programmare e dirigere la task force “ALT! CAPORALATO“. È stata creata per intensificare i controlli nel settore edile, uno dei principali comparti produttivi sia a livello milanese che nazionale, dove si riscontrano frequentemente dinamiche di intermediazione illecita in contesto urbano. Inoltre, l’ITL supporta l‘Agenzia di Tutela della Salute (ATS) nelle attività di vigilanza nei cantieri.

Per quanto riguarda la Regione, la competenza in materia di controllo è affidata all’ATS. Sulla base delle analisi di contesto svolte principalmente dal Gruppo Analisi interno, programma la propria strategia operativa. Segue un doppio approccio: vigilanza e prevenzione. Dal punto di vista repressivo, l’ATS è uno degli attori principali nel territorio metropolitano. Ha il potere di accedere ai cantieri. L’Agenzia è anche impegnata nel contrasto alla falsa formazione professionale. È un fenomeno diffuso che spesso serve a mascherare le irregolarità lavorative. Include i casi in cui i lavoratori sono reclutati illegalmente.