Concordato e riforme nel PSB
LAVORO

Concordato e riforme nel PSB

MARCO LEONARDI • Leonzio Rizzo

Bisogna tornare sul concordato preventivo perché è una delle pochissime novità del governo Meloni in questi due anni di governo. Ci azzarderemmo a dire questa cosa. In politica economica non ha fatto molto altro se non cancellare un pezzo di reddito di cittadinanza. Ha ritardato di un anno lo stop al superbonus procurando un record di spesa nel 2023. Ha approvato il concordato biennale, la bandiera del governo sul fisco.   

L’idea è di ridurre l’evasione del reddito da lavoro autonomo. Oggi è il 67% del dichiarato. Si vuole convincere i contribuenti a dichiarare più di quanto non facciano in cambio della promessa di ridurre i controlli. Non solo è il segno della politica del governo ma è anche l’unico modo per trovare soldi per finanziare una manovra scarna. 

Il concordato è una “proposta” di contribuzione fiscale che l’agenzia delle entrate farebbe a una platea potenziale di 1.7 milioni di forfettari e a 2.5 milioni di contribuenti soggetti a ISA. Sono indici sintetici da 0 a 10. Definiscono sulla base di diverse caratteristiche quanto la dichiarazione di un contribuente sia “affidabile” o no. I contribuenti sono liberi di aderire o meno. 

La nuova legge è stata costruita in 3 fasi successive. Per come era stato congegnato all’inizio, il concordato rischiava di essere un flop. L’accesso era di meno del 10% degli aventi diritto. Adesso rischia di essere una minaccia di lungo periodo per quanto riguarda la certezza delle entrate e la giustizia fiscale.

Le tre fasi del concordato

In una prima fase era stato limitato ai forfettari e ai contribuenti affidabili con ISA alto. È una ricetta per il sicuro fallimento. In una seconda fase si è aggiunta la flat tax sull’incremento del dichiarato. Si tratta di flat tax al quadrato per i forfettari e si sfida anche l’incostituzionalità. Non si tratta di una imposta sostitutiva dell’IRPEF, ma della stessa IRPEF che in parte è progressiva e poi diventa flat tax. Questo viola ogni principio di progressività (e di buon senso). 

Nella terza e ultima fase, siccome comunque il concordato stentava a decollare, si è aggiunto il condono dal 2018 in poi. Il condono è passato come emendamento parlamentare al decreto Omnibus per proteggere il governo dalle possibili rimostranze della commissione UE.

Esistono controlli per chi non fa il concordato?

Chi accetta il concordato potrà regolarizzare la sua posizione col fisco. Paga aliquote molto basse su una base imponibile che potrà essere abbattuto fino al 95%. È evidente che questa strada intrapresa non è altro che l’altra faccia della medaglia. È l’assenza (dolosa o colposa?) di una promessa credibile di controlli per chi non fa il concordato. Uno sforzo in questa direzione sarebbe stato un modo ragionevole di incentivarlo e soprattutto di garantire un reale recupero di gettito. 

In questo articolo vorremmo sottolineare il rischio che il condono diventi una pratica permanente. Il concordato biennale è pensato non come una misura temporanea, ma come una misura strutturale. Ci si può accedere ogni due anni a rotazione. Si pensi agli incentivi che una misura strutturale del genere può creare: avere redditi bassi subito dopo l’ultimo anno di concordato per qualche anno e dopo siglare un altro concordato. 

Il concordato è una misura strutturale e continua?

Se si tratta di una misura strutturale inoltre potrà essere usato anche come entrata nel nuovo piano strutturale di bilancio (PSB) che prevede limiti alla spesa netta su 7 anni tali. Servono per assicurarsi di porre rapporto debito/pil verso sulla traiettoria indicata dalla Commissione e allo stesso tempo di garantire un saldo strutturale inferiore al 3%. 

La realizzazione di tali obiettivi dovrà essere continua nel tempo e quindi realizzabile solo con entrate strutturali, ovvero garantite ogni anno. Ma se il concordato così com’è pensato quest’anno è strutturale ed è necessario il condono per incentivare le adesioni, anche il condono sarà strutturale anche per chi aderirà nel 2025? Se così non fosse le entrate (si parla di più di due miliardi) sarebbero una tantum e quindi non utili per sostenere l’impalcatura del PSB. Soprattutto non ci sarebbe il rispetto del saldo strutturale una volta usciti dalla procedura per disavanzo eccessivo.

L’intento del governo è di spostare dal PNRR al PSB le riforme che non si riesce o non si vuole concludere in tempo. Si ha intenzione di annoverare tra le riforme permanenti anche il concordato biennale? In tal caso la UE potrebbe avere qualcosa da dire su un condono che rischia di diventare permanente. Come tutti i condoni passati, nelle casse dello stato porta poco o niente. Per ora sicuramente costa 1 miliardo di mancato gettito. Per il futuro promette un gettito strabiliante che regolarmente non si materializza mai.  


Pubblicato su Il Foglio il 08.10.24