CRISTALLI POPOLARI
CASA CITTÀ E CITTADINI GIOVANI

CRISTALLI POPOLARI

PROGETTO FOTOGRAFICO INDIPENDENTE Studenti del Politecnico, dell’Università Statale e dello IED di Milano

CRISTALLI POPOLARI è un progetto fotografico indipendente, ideato e promosso da studenti del Politecnico, dell’Università Statale e dello IED di Milano che vuole raccontare questa città in modo diverso da quello che siamo abituati a sentire. È la narrazione di una metropoli che cresce, forse troppo, dimenticandosi talvolta della sua gente. Tutti gli scatti ritraggono complessi di edilizia popolare o abitati in maniera non convenzionale e vogliono raffigurarne l’architettura, le condizioni, le atmosfere per coglierne l’essenza e individuarne le potenzialità.

Prefazione
NARRAZIONE CON FOTO PER UNA STORIA DI MILANO 

NANDO DALLA CHIESA
Professore di Sociologia della criminalità organizzata
presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Milano

Le fotografie o i video sono strumenti di ricerca affascinanti, evocano in chi li usa il cliché del grande reporter, proiettano il ricercatore in un orizzonte nuovo di scoperte e perfino di ardimenti estetici. Quante volte capita tra noi stessi docenti di scambiarsi pareri compiaciuti sul bisogno degli studenti di trasferirsi sul campo, di fuoriuscire dalle pagine dei libri per scriverne di nuovi con la forza insuperabile delle immagini? Eppure anche questo filone pedagogico così anticonformista ha prodotto la sua retorica. Perché dietro una macchina fotografica o una telecamera non vi è sempre la sensibilità dell’artista. E neanche quella del reporter o del ricercatore di razza. Perché la sensibilità si affina con le letture, con la consultazione e lo studio di materiale iconico, raramente nasce gratis e più spesso è il frutto di una combinazione di talento naturale e di fatica. Esattamente come la scrittura.
Insomma, affidarsi alle pure immagini, se non si affronta un percorso complesso e problematizzato, può essere un’arma a doppio taglio. Può essere un metodo per “vedere” rapidamente in profondità, aggiungere il potere dell’occhio a quello della penna. Che cosa di meglio, in fondo, per esplorare una realtà che andare sul posto e fissare le immagini rivelatrici? Che cosa di più efficace, a futura memoria, per conservare i particolari nelle loro indiscutibili relazioni reciproche e in quelle con lo spazio fisico, estetico e sociale che li ospita? Ma può essere anche esperienza acquietante, infruttifera. In cui si vede senza “guardare”. E provo a spiegare perché. 

Mentre scrivo questa Prefazione anche Parigi, dopo altre capitali, sta ospitando la bellissima mostra di Letizia Battaglia, la grande fotografa palermitana. Ebbene, le foto raccolte in quella mostra non sono il frutto di una pura scelta di curiosità. Esse hanno dietro, anzi si portano dentro una consapevolezza piena della natura più intima di Palermo. Nascono da una conoscenza vissuta non solo di quell’oggetto (una piazza, un’abitudine sociale, il sangue di un omicidio) ma dall’interiorizzazione di un intero contesto, di tutto ciò che sta all’interno della grande cornice della Palermo postbellica. Da lì nascono le scelte, da lì la selezione stessa delle prospettive, solo da lì può nascere l’immortale “bambina con la palla”.

Proprio di questo mi capita dunque di discutere ogni tanto in università. È più moderna la macchina fotografica o la scrittura, la telecamera o il racconto orale? Ed è in un tale dilemma che collocherei questo “Cristalli popolari”. Che costituisce un progetto fotografico “indipendente” -come dicono con giustificato orgoglio gli autori- ideato e promosso da studenti di tre importanti istituzioni formative di Milano: due università (la Statale e il Politecnico) e lo Ied, Istituto Europeo di Design. Gli autori non sono spinti da un bisogno di semplificare, di consumare il potenziale di rendita delle immagini, ma da un bisogno lungo di raccontare, di avventurarsi in una narrazione, ciò che li rende ai miei occhi portatori di un merito intellettuale oggi raro. Perché la narrazione è narrazione (non “narrativa”), ossia è cimento per definizione impegnativo, e obbliga a tessere legami, a collocare, a significare. Non per nulla ne è uscito un lavoro di storia e geografia urbana, un rapporto che sta tra la sociologia e l’urbanistica, che pagina dopo pagina chiama in causa le migrazioni e le politiche pubbliche, il pensiero architettonico e le disuguaglianze sociali, l’antropologia degli oggetti. Tutta materia che si infittisce e si problematizza (e tanto!) in relazione al tempo che si decide di dedicare all’osservazione delle singole foto e alla loro rivisitazione comparata. Materia che sembra selezionata apposta per esaltare le teorie di Marc Augé, l’antropologo da poco scomparso che forse come nessun altro ha influenzato la formazione di generazioni di architetti, evocato -non per caso- in chiusura del lavoro.

I “campi” su cui si svolge la ricerca e che fanno da base per la narrazione sono cinque, e coprono un po’ tutta la storia di Milano dalla fine dell’Ottocento alla fine dell’epopea industriale. Semplificando, dalla nascita della Marelli alla chiusura dell’Innocenti, da Bava Beccaris al terrorismo. Seguendo un ordine storico, l’ambiente più antico è viale Bligny, il celebre numero 42, crogiuolo di classi, generazioni ed etnie, anno di costruzione il 1893, vicino a Porta Romana. Poi il quartiere Porpora-Lulli in zona Loreto, anno 1908. Il quartiere Molise, oggi luogo di isolamenti, paure ma anche di innovazioni sociali, anno 1933. Le case bianche del Forlanini sorte nella Milano del boom, anno 1955. E infine la “Velasca” della Martesana nel quartiere di Gorla, che sta tutta nella città che si allarga e vuole farsi accogliente nel tempo delle lotte sociali e di progetti urbani generosi e spesso illusori.

Già questa scansione, per chi conosce e ama la storia milanese, “fa narrazione”. Dagli edifici a ballatoio, a quelli a corte, da quelli a stecca a quelli a torre. Sfogliando le foto è difficile non tornino in mente le pagine di Franco Alasia e Danilo Montaldi sulla Milano del secondo dopoguerra e sulle “coree” che ospitarono la prima grande ondata migratoria, sulla quale partiti politici e urbanisti si impegnarono con ben altro spessore che oggi. Così come è difficile sfuggire a qualche suggestione di Ermanno Olmi, il caldo romanticismo della periferia sobria e solidale. Colpisce però il modo in cui gli autori inseriscono fotogrammi preziosi nella loro narrazione. Personalmente sono stato conquistato dalla sensibilità che essi, come una squadra ben affiatata, esprimono ripetutamente per i particolari: un citofono con il cognome su carta, due bottigliette d’acqua sul davanzale, vasi di fiori sul degrado sfrontato, il parchetto squallido ma su cui chissà quanti bimbi hanno passato il loro tempo, le persiane quasi crocifisse. O il Pulcinella che penzola su una porta di casa, la cappella votiva, gli ombrelli accanto ai caschi disposti lungo un ballatoio esterno, la tromba delle scale, l’androne del decoro, la vista panoramica sulla città. Una vera antologia della Milano dell’affanno demografico, delle mescolanze sociali, delle aristocrazie operaie come del sottoproletariato urbano. Per la quale dobbiamo ringraziare questa speciale équipe di giovani studiosi.

La domanda con cui ciascuno chiude -a parità di foto osservate e studiate- la sua personale narrazione, non è però probabilmente la stessa. La mia riguarda il futuro prossimo di questo grande movimento che ha attraversato per più di un secolo Milano. Ossia gli effetti di scomposizione del tessuto urbano che sarà prodotto dalle disuguaglianze crescenti e dall’idea di Milano che sempre più pretende di affermarsi sopra questa lunga e complicata storia, fino forse a piegarne l’anima. Davvero, per riuscirci, le basterà un ruggito? 

La presentazione del libro >


Testi _ Alberto Bortolotti Urbanista esperto nel campo delle politiche urbane e abitative, Vicepresidente dell‘Ordine degli architetti di Milano
_ Laura Coniglio _ Adelchi Galbiati • Facoltà di Filosofia dell’Università Statale di Milano
Direzione creativa _ Eduardo Barbera • Facoltà di Urbanistica del Politecnico di Milano
Fotografie _ Ettore Spongano  
Graphic design _ Linda Menegoz • IED di Milano
Supporto e collaborazione _Grazia Casagrande – Comitato Calvairate  _Giorgio Sarto _Mutuo soccorso Milano