Il bilancio ai danni delle imprese
LAVORO

Il bilancio ai danni delle imprese

MARCO LEONARDI

Le ultime notizie sulla produzione industriale fanno pensare che, forse, siamo al temine di 24 mesi di calo consecutivi. Speriamo davvero. Intanto facciamo un bilancio delle misure del governo in questi due anni a favore o, meglio, a sfavore, delle imprese con più di 10 dipendenti. Nel corso di questi anni sono state sottratte alle imprese con più di 10 dipendenti circa 15 miliardi di risorse. Ne sono state restituite 6 o 7, ma con misure che non stanno funzionano. 

Un bilancio severamente negativo. Combinato con la crisi del settore automotive e dell’acciaio e di fronte alla minaccia dei dazi, rischia di mettere a repentaglio il modello di crescita degli ultimi vent’anni, basato su circa 9000 aziende esportatrici dalla ottima produttività e dai grandi risultati in termini di export. Le aziende italiane, soprattutto quelle esportatrici della manifattura, hanno fatto benissimo negli ultimi anni. Eppure hanno finanziato entrambe le due ultime leggi di bilancio con la cancellazione delle misure a loro favore.

Abolito l’ACE, bastava modificarlo

Nel corso del 2023 è stato cancellato l’ACE. È un incentivo che esiste da molti anni per favorire gli aumenti di capitale. Così, dalla relazione tecnica del provvedimento, sono stati sottratti circa 5 miliardi di risorse ogni anno alle imprese di dimensioni medio/grandi. L’ISTAT stima che ACE riguardava il 25% delle imprese. Esisteva dal 2011, certo forse andava cambiato, ma è stato solo abolito.  

I fondi per l’automotive stanziati dal governo Draghi sono stati ridotti di 4,6 miliardi nel corso del 2024. Sono rimasti circa 200 milioni all’anno. È chiaro che forse anche questa misura andava riconsiderata. Sottrarre 4,6 miliardi non significa solo penalizzare gli acquisti di automobili ma tutta la lunghissima filiera.

La decontribuzione Sud aiuto di Stato

Infine, bisogna aggiungere il termine della decontribuzione Sud. Garantiva uno sconto sui contributi previdenziali dovuti dalle imprese su tutti i contratti di lavoro, nuovi e vecchi, nelle regioni del Sud. La decontribuzione Sud era stata ammessa dalla Comunità Europea, vista la fase di emergenza COVID e poi la guerra in Ucraina. Dal 1 gennaio 2025 è considerata aiuti di Stato e quindi è stata sostituita con una misura dedicata solo alle PMI e solo per i neo assunti.

Il costo, tutto teorico, perché è ben diverso finanziare lo stock dei lavoratori e invece limitarsi ai neo assunti, è di 1,5 miliardi all’anno. Certamente questa misura doveva avere un termine. Non era un incentivo ma una misura indiscriminata. Resta il fatto che comunque le aziende medio/grandi del Sud rinunciano a ben 4 miliardi di sconti contributivi nel solo 2025.

Il credito d’imposta da industria 5.0

Dall’altro lato, alle imprese arrivano un po’ più di 6 miliardi per industria 5.0. Si tratta di un generoso credito di imposta, fino al 45%, per investimenti industriali materiali e immateriali. Consentano di ottenere una riduzione dei consumi energetici. Dopo il lungo ritardo dei decreti attuativi, nulla sono valsi gli sforzi per rendere appetibile la misura. Per il 2024, la copertura di industria 5.0 è venuta in gran parte dal taglio di progetti dei comuni nel PNRR.

Peccato che, e forse era prevedibile, la nuova norma ha creato incertezza nelle imprese. Ha tirato solo poche centinaia di milioni. Tanto è vero che verrà tagliata nella nuova revisione del PNRR. Si dice che le risorse del PNRR verranno redirette su altre misure per le imprese. Ma piuttosto di fare cose che non funzionano, meglio rinunciare ai soldi del PNRR, ricordiamoci che comunque sono debito pubblico. 

Altri vantaggi ottenuti dalle imprese

Cosa altro hanno ottenuto le imprese? una proroga della super-deduzione del 20% a favore delle imprese che assumono. Questa nuova misura è finanziata solo per poco più di 1 miliardo all’anno. Molti però si chiedono se sia il caso di finanziare le assunzioni quando il mercato del lavoro va così bene. In questa situazione si rischia di avvantaggiare aziende che avrebbero comunque assunto. Un finanziamento della ZES (Zona Economica Speciale) unica per gli incentivi agli investimenti nel mezzogiorno per 2.2 miliardi. Speriamo che almeno quella vada bene. Ha cancellato 8 ZES locali e non è una ZES visto che si estende a tutto il mezzogiorno. Non riserva benefici amministrativi ed economici ad aree geograficamente delimitate.  

Poi c’è IRES premiale su cui Confindustria ha insistito molto. L’ottimo focus UPB sulla legge di bilancio 2025 dice: “richiede una combinazione di accantonamenti, investimenti e crescita occupazionale che potrebbe essere difficile da soddisfare per molte aziende”. La stima è di 18mila imprese, quelle in utile nel 2024 che potranno ridurre IRES dal 24% al 20% per il solo anno 2025.

È sempre difficile fare un bilancio complessivo perché i fondi sono allocati in tante misure diverse e in tanti provvedimenti diversi su anni diversi. Ma non credo di sbagliare molto se in questi due anni sono stati sottratti alle imprese almeno 15 miliardi di risorse e ne sono stati restituiti meno delle metà la cui utilità è ancora tutta da provare.


Pubblicato su Il Foglio il 18.03.25

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