Latino immenso archivio storico

a cura di GIANCARLO ROSSI

Giancarlo Rossi

BREVE STORIA del latino

Prima però di pensare all’importanza della riflessione critica, cui ti abitua la conoscenza del latino, ricapitoliamo brevemente la sua storia. È davvero singolare, ha tratti comuni con pochissime altre lingue, come il sanscrito, l’ebraico, l’arabo classico. Rispetto a queste si è espansa a lungo e in modo più capillare e diffuso. Ha superato limiti geografici, storici e culturali impensabili. 

Bastino questi dati numerici, comunicatimi da un filologo: tutta la letteratura romana tramandata, dal terzo secolo avanti Cristo alla caduta dell’Impero (476 d.C.), può contenersi in un’ottantina di volumi. In effetti la Collectio Latinorum Scriptorum dello stampatore torinese Giuseppe Pomba, del 1818, è composta da un centinaio di libri. Tutto quanto fu scritto in latino dalla fine del V secolo ad oggi si stima che non basterebbero ottomila volumi a contenerlo.

È un tesoro vastissimo e solo in piccola parte esplorato. Si può dunque affermare senza temere smentite che esiste un archivio immenso scritto in latino. A questo sono stati affidati, per dirla in estrema sintesi, il pensiero scientifico, la creazione letteraria e lo spirito religioso della nostra cultura. Non sarebbe questo un motivo sufficiente per saperlo?

Patrimonio culturale dell’umanità

Il latino infatti meriterebbe d’essere incluso nel patrimonio culturale dell’umanità, da conservare e tramandare, così come conserviamo le città antiche, le opere d’arte, la musica. Il latino è infatti la lingua madre delle lingue romanze e la nutrice delle slave e delle germaniche, che se ne sono alimentate per secoli. È la lingua in cui si sono espressi gli uomini più importanti della nostra storia; è come un megafono attraverso i tempi, col quale possiamo parlare a tu per tu con tutti coloro che lo usarono, dal terzo secolo avanti Cristo, sino a questo nostro nel terzo millennio; in latino infatti disputiamo con Cicerone, Seneca, Petrarca, Erasmo, Vico, Leone XIII.

Ci commoviamo con Virgilio, Sannazzaro, Pascoli, Tusiani; amiano con Catullo, Andrea Capellano, Rosvita e Pio II; ridiamo con Plauto, Petronio, Poggio, Ugo Enrico Paoli; filosofiamo e crediamo con Agostino e Tommaso; litighiamo con Tertulliano, Dante, Giulio II, Lutero, Campanella; immaginiamo con Apuleio e Tommaso Moro e Galileo; impariamo col Valla, con Comenio, con Melantone, col Vives, col Forcellini, col Vallauri; dialoghiamo di architettura con Vitruvio e con Leonbattista Alberti …

Per una conoscenza diffusa

So bene che alcuni di questi nomi sono noti solo agli specialisti, ma perché riservarli solo a loro, aspettando che qualche editore volenteroso li faccia tradurre? Siamo sicuri che oggi sia inutile abbeverarsi alle fonti di uomini di tale statura? Siamo convinti che le loro opere siano tutte anticaglie, buone giusto per esibire nei salotti la propria erudizione?

Prima però di affrontare il tema cruciale, ovvero le ragioni per cui la conoscenza del latino abbia una sua fondata ragion d’essere per l’uomo contemporaneo, tocca esaminare i motivi addotti dagli avversari di questa lingua, almeno dove sembrino sostenuti da qualche plausibile argomentazione, e non siano solo attacchi ad personam.