Le contraddizioni di Milano
CASA CITTÀ E CITTADINI

Le contraddizioni di Milano

Francesca Zanasi

Sulla stampa in queste settimane leggiamo delle 30 inchieste della magistratura. Sono segnalati presunti abusi edilizi, legati a concessioni date a fondi immobiliari sulla base di semplici segnalazioni per ristrutturazione. Va in crisi il modello urbanistico milanese, il “patto” quasi decennale tra amministratori e operatori del settore. Si è bloccato di fatto lo sviluppo immobiliare della città. Piovono su costruttori, tecnici e dirigenti dell’amministrazione accuse di speculazione edilizia e di sudditanza del pubblico rispetto al privato.

Alle contestazioni sul titolo edilizio rilasciato, che non prevedeva permessi a costruire per interventi immobiliari di grande impatto sul territorio come edifici (torri) residenziali di 25 piani al posto di capannoni, a scapito dei servizi per i cittadini, si è aggiunta l’accusa da parte della Corte dei Conti di danno erariale nei confronti del Comune, per mancati introiti legati agli oneri di urbanizzazione.  

L’intervento del Comune di Milano

A oggi sono bloccate 200 pratiche edilizie, 150 fascicoli in fase istruttoria sono oggetto di revisione. Per queste ultime la Giunta comunale ha deliberato nuove linee di indirizzo che tengano conto delle osservazioni della magistratura. In particolare riguardano edifici di 25 metri di altezza, la quantificazione delle demolizioni e nuove costruzioni, la monetizzazione degli standard e l’utilizzo di permessi a costruire. 

Il Comune si è mosso da anni sullo stretto crinale del rapporto con gli operatori immobiliari. Ha cercato un equilibrio che preveda la rigenerazione urbana di edifici industriali e artigianali dismessi, soprattutto in periferia. Questo per evitare il degrado dell’abbandono, tentando di arginare il consumo di suolo e di incentivare l’efficientamento energetico.  

Per attirare capitali nell’immobiliare, gli oneri di urbanizzazione sono stati per anni tra i più bassi in Europa. Erano fermi da molto (troppo) tempo. Sono stati aggiornati recentemente con diverse percentuali per il centro e la periferia. L’obiettivo è incentivare gli interventi nelle zone urbane decentrate. 

Luci e ombre: la famigerata gentrificazione

I fondi immobiliari hanno cominciato a costruire moltissimo residenziale in zone periferiche. A Lambrate, Ortica, Rubattino e non solo, sono stati espulsi dalle aree di nuova edificazione, chi non poteva permettersi i costi elevati. 

I grattacieli con vista parco stanno sorgendo come funghi. I servizi per la cittadinanza (scuole, verde, mobilità, commercio di prossimità) ancora latitano. 

La partita degli oneri finalmente aumentati e la richiesta, contenuta nella revisione in atto del Piano di Governo del Territorio, di ridurre le soglie fondiarie per la realizzazione di edilizia residenziale sociale e di edilizia convenzionata hanno creato molti malumori tra i fondi immobiliari che investono in città. I malumori sono cresciuti a causa dell’inflazione e dei prezzi aumentati delle materie prime. 

Gli Studi d’area in uno scenario controverso

Per la prima volta, dopo anni, i bandi del programma internazionale Reiventing cities che prevede una collaborazione pubblico/privato per la rigenerazione in chiave di sostenibilità di spazi pubblici abbandonati, sono andati deserti. Nessun fondo immobiliare ha risposto.

In questo scenario controverso un elemento positivo è dato dagli Studi d’area come quello di San Siro e Adriano, Crescenzago Rubattino. Finalmente fotografano la realtà dei quartieri coinvolti nelle trasformazioni urbanistiche. Censiscono le esigenze della cittadinanza in termini di servizi, spazio pubblico, infrastrutture verdi, reti di mobilità. Creano una mappatura che deve diventare prescrittiva non solo per il pubblico ma anche per gli operatori privati.

Milano deve fare i conti con le sue contraddizioni

Nel dopo Expo è diventata la città più attrattiva d’Italia. Il turismo è in grande crescita. La ricchezza del Paese è concentrata qui con i grandi patrimoni. Qui c’è la metà degli investimenti immobiliari nazionali, incentivando una economia della rendita senza limiti. Dall’altra parte, però, si sono ampliate le disuguaglianze tra ricchi e poveri, gli stipendi sono al palo. Il ceto medio è espulso dalla città perché non si può permettere i costi esorbitanti delle case. L’inquinamento, la questione ambientale e la fragilità del territorio creano ulteriori contrasti tra aree del territorio urbano, tra centro e periferie.

Servono interventi regionali e nazionali

In questo scenario la questione dell’abitare a prezzi equi, centrale nella variante del PGT, non può essere risolta esclusivamente con gli strumenti legislativi in capo alla sola amministrazione locale come l’incentivo al canone concordato sperimentato a Milano in modo positivo. Mancano da troppo tempo interventi regionali e nazionali di rilancio dell’edilizia pubblica con un grande piano case. Mancano corposi interventi di sostegno alla morosità incolpevole. Devono essere recuperati e riconvertiti per studenti e lavoratori gli immobili abbandonati sul territorio. Manca una legge che permetta ai Comuni di mettere un freno al proliferare degli affitti brevi turistici che drogano il mercato immobiliare cittadino.