Sovraffollamento e suicidi in carcere
ALESSANDRO GIUNGI
Da oltre 20 anni mi occupo della condizione di coloro che sono detenuti, prima come avvocato penalista, poi anche come Consigliere comunale e Presidente della Sottocommissione Carceri del Comune di Milano. Purtroppo gli istituti di pena, nel nostro Paese, sono cronicamente luoghi di enorme sovraffollamento drammaticamente abbandonati a loro stessi, con condizioni igienico sanitarie precarie e totale promiscuità tra le persone detenute.
Tale condizione ha determinato, nel 2013, la condanna dell’Italia, con la Sentenza Torregiani, da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per la violazione dell’art. 3 della CEDU.
Il caso riguardava trattamenti inumani o degradanti subiti dai ricorrenti. Sette persone sono state detenute per molti mesi nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza. Celle triple offrivano meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione.
A seguito di questa condanna, sono state adottate delle misure per migliorare la condizione delle persone detenute. In particolare si è cercato di ridurre il sovraffollamento delle carceri.
Ma sono azioni che si sono dimostrate contingenti e non strutturali. Per alcuni anni il numero delle persone detenute era rimasto sotto le 50.000 unità. Oggi questo dato (al 31 marzo 2024) è arrivato alla cifra di 63.668 persone detenute. Sono presenti 61.049 uomini e 2.619 donne, a fronte di una capienza effettiva di 51.178 posti.
La circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
Questa condizione di terribile sovraffollamento e promiscuità è resa ancora più grave dalla circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) del 18 luglio 2022. Nei fatti ha determinato la fine del regime aperto delle celle. La maggioranza delle persone detenute vive, per 20 ore al giorno, in celle minuscole e sovraffollate, dalle quali esce solo durante le “ore d’aria”. Questo rappresenta, senza dubbio, una palese e gravissima violazione delle garanzie sui diritti umani riconosciute dalla nostra Carta costituzionale e dall’Ordinamento penitenziario.
Non solo. Le carceri sono sempre di più luoghi in cui si ritrovano persone con problemi psichiatrici anche gravissimi. Un terzo delle persone detenute ha dipendenze e, in generale, una condizione sociale drammatica.
Garantire la formazione e le relazioni esterne
Vi sarebbe quindi la necessità di personale specializzato (psicologi, educatori, psichiatri, pedagogisti, assistenti sociali, mediatori linguistici). Bisognerebbe garantire attività “trattamentali”, legate alla possibilità di riprendere gli studi, ricevere una formazione lavorativa, praticare attività sportive e ricreative. Tutto ciò rimane per lo più nel “libro dei sogni”. Si investe sempre meno in risorse per il carcere. Si lasciano sguarniti i posti di coloro che dovrebbero sostenere la condizione delle persone detenute.
Anche le relazioni familiari e con il mondo del volontariato andrebbero potenziate. Bisognerebbe aumentare il numero dei colloqui, delle telefonate, delle videochiamate tra la persona detenuta e i propri cari. Anche in questo caso vi è una sostanziale chiusura a ogni miglioramento e implementazione del poco a oggi garantito.
I drammatici dati dei suicidi in carcere
Date tali condizioni e premesse, non può allora purtroppo stupire se nel 2022, 85 persone si siano tolte la vita nelle carceri italiane. È il numero più alto mai verificatosi nella storia del nostro Paese. Nel 2023 tale terribile cifra è stata solo leggermente inferiore.
Nei primi mesi del 2024, sono già state 34 le persone suicidatesi in carcere. Lo scorso 18 marzo, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricevendo la Polizia Penitenziaria, a pronunciare parole ferme e inequivocabili.
“Sui suicidi in carcere servono interventi urgenti”
Purtroppo, a distanza di un mese dalle parole del Presidente Mattarella, nulla è cambiato. Tanto che i Garanti delle persone private della libertà personale hanno organizzato una serie di manifestazioni pubbliche il 18 aprile. Nella città di Milano la manifestazione si è tenuta davanti al Tribunale, sulla scalinata di ingresso. Erano preseti moltissimi avvocati e avvocate, rappresentanti politici, cittadini e associazioni legate al volontariato in carcere.
Da questa manifestazione è emersa, oltre alla denuncia su sovraffollamento e dramma suicidario, la assoluta necessità di un maggior numero di misure alternative alla detenzione che rendano efficiente ed efficace la Giurisdizione di Sorveglianza, anche destinando maggiori risorse e Giudici. In effetti, sono diverse migliaia i detenuti con una condanna definitiva inferiore o pari a quattro anni di reclusione. Queste persone potrebbero essere ammesse a misure che le conducano a uscire dal carcere.
È necessario investire più risorse
È ora che Parlamento e Governo adottino provvedimenti immediati, anche ricorrendo alla decretazione di urgenza. Non è sopportabile per un Paese democratico che ogni 3 giorni una persona si tolga la vita in carcere.
E non deve essere dimenticato come gli Agenti di Polizia Penitenziaria siano sempre meno. La promessa di questo Governo di aumentarne l’organico è stata completamente disattesa e anzi, come detto, nell’ultimo anno il loro numero si è ancor più ridotto. I turni sono sempre più massacranti.
Diceva Voltaire che la civiltà di un Paese si misura dalla condizione delle sue carceri. Queste parole sono state pronunciate oltre 250 anni fa e suonano drammaticamente attuali per il nostro Paese, in cui i luoghi di detenzione sono sempre più degradati, sovraffollati e abbandonati a loro stessi.
ALESSANDRO GIUNGI
Consigliere Comunale • Gruppo Consiliare Partito Democratico Beppe Sala Sindaco
Presidente Commissione Olimpiadi e Paralimpiadi Milano Cortina 2026
Vicepresidente Commissione Educazione e Food Policy
Vicepresidente Sottocommissione Carceri