Tanta revisione per nulla
MARCO LEONARDI – LEONZIO RIZZO
Il PNRR è fondamentale per l’andamento del PIL e quindi per la tenuta dei conti pubblici. Tutto ruota attorno alla revisione del ministro Fitto che si può leggere in 2 modi. Il primo modo è che avrebbe migliorato le possibilità di riuscita del piano. Avrebbe inoltre cancellato dal PNRR i progetti più a rischio. Il secondo modo è che, invece, avendo fatto perdere più di un anno alle amministrazioni, avrebbe ulteriormente compromesso le capacità di esecuzione del piano. Indubbiamente erano già messe a dura prova.
Pur avendo pochi dati a disposizione perché il sistema di monitoraggio REGIS funziona notoriamente con molto ritardo, il ministro Fitto ha insistito sulla revisione del piano. Finalmente ha visto la luce in dicembre dopo un anno intero di attesa. Una cosa sicura è che quella revisione ha tagliato circa 10 miliardi di progetti. La maggior parte riguardano i comuni. Sono stati sostituiti con progetti destinati alle imprese per più di 22 miliardi tra nuove misure PNRR e repower EU. Tra queste ultime ci sono 6 miliardi per industria 5.0.
La beffa del ministro Giorgetti
I comuni si sono molto arrabbiati. Al danno si è aggiunta la beffa. Il ministro Giorgetti ha imposto il taglio dei trasferimenti di parte corrente ai comuni in proporzione ai fondi stanziati per il PNRR. Un vero e proprio disincentivo a portare a termine il PNRR. I comuni si sono sempre lamentati che il completamento di qualunque investimento avrebbe comportato maggiori spese correnti. Ora addirittura si esplicita che ci saranno minori, invece che maggiori, trasferimenti.
I dieci miliardi di definanziamento ai comuni sono stati di fatto compensati dagli stessi fondi previsti prima dell’arrivo del PNRR. Ciò ha però creato la necessità di trovare la copertura per i nuovi progetti del PNRR e Repower EU. A detta del ministro la cosa è di più rapida implementazione. L’operazione doveva essere fatta senza aggravio per le finanze pubbliche. Si è provveduto a definanziare altri programmi fuori dal PNRR.
Alcune voci di rilievo riguardano 4,5 miliardi del Piano nazionale complementare. Spiccano 1,2 miliardi tolti alla messa in sicurezza degli ospedali, i quasi 3 miliardi di contributi ordinari agli investimenti comunali e i 5 miliardi dei residui dei fondi di coesione 2021-2027. Insomma un gran carosello di scambi di fonti di finanziamento.
Resta da scoprire quali sono i progetti cancellati
Il ministro non dice tuttavia in modo puntuale, all’interno delle voci di spesa, quali sono i singoli progetti specifici cancellati dal finanziamento PNRR e quali sono invece quelli mantenuti. Si coprono in principio tutti i progetti. Era impossibile fare il contrario. Ora che decidi, tra mille polemiche, quale singolo progetto depennare è già arrivato il 2026. La strategia rischia di essere doppiamente sbagliata. Prima per mesi i comuni erano fermi in attesa della revisione del PNRR. Avendo finanziato tutti i progetti ma non avendo detto quali sono dentro e quali sono fuori dal PNRR, i comuni potranno prendersi tempo sperando di essere fuori dal PNRR. Più tempo e meno grane di rendicontazione.
È vero che formalmente sono tutti tenuti agli stessi target, ma chi ci crede. Una volta che sarai fuori dal PNRR sarai privo di quei vincoli, soprattutto del tanto temuto DNSH “do no significant harm” che ti costringe a provare di non aver danneggiato l’ambiente.
I fondi europei per la coesione
In teoria, l’utilizzo dei fondi europei per la coesione a copertura delle misure escluse dal PNRR consentirebbe la loro realizzazione in un orizzonte temporale più ampio. Permetterebbe di evitare il ricorso a risorse nazionali. Abbiamo visto che di fatto queste implicano il definanziamento di altre misure se non si vuole incrementare il debito. Tuttavia, sebbene il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) sembri avere potenzialmente disponibilità finanziaria, la normativa attuale ne riserva l’80% alle regioni meridionali. La quota di competenza del Mezzogiorno relativa alle misure definanziate si ferma al 47%. Non ci sarebbero abbastanza risorse da allocare al Centro-Nord per coprire la sua quota di competenza.
Oltre a queste difficoltà istituzionali e tecniche oggettive, il ministro Fitto ha di fatto accentrato a sé il monitoraggio dei fondi europei ordinari. La programmazione dei fondi europei ordinari tocca di diritto alle regioni. Accentrando a sé il potere di monitoraggio di quei fondi in virtù del fatto che devono essere coordinati con il PNRR, Fitto ha fatto arrabbiare le regioni a cui ultimamente il Consiglio di Stato ha dato ragione almeno per quanto riguarda la Campania.
Il danno di questa revisione
Anche i ministeri sicuramente non sono contenti di dover rendere conto al ministro della loro programmazione dei fondi. Se comunque i soldi c’erano per finanziare tutto, non si capisce perché perdere più di un anno per la revisione. Il danno più grande di questa revisione rischia di essere il perenne litigio istituzionale solo parzialmente coperto dalla consonanza di maggioranza tra regioni e governo. Se poi il ministro dovesse abbandonare questo nuovo complicato castello per andare in Europa sarebbe davvero il colmo.
Pubblicato su Il Foglio il 29.05.2024